LE LEGGI RAZIALI IN ITALIA
Un ruolo determinante nella diffusione di idee antisemite ebbe indubbiamente anche il fatto che, a partire dagli ultimi anni del XIX secolo, si fossero diffuse in tutta Europa tesi considerate scientifiche, ma del tutto infondate, che affermavano la possibilità di una classificazione della specie umana in razze tra loro diverse non solo in quanto a manifestazioni fisiche, ma anche quanto a purezza.
Esponente di questi studi pseudo-scientifici fu Cesare Lombroso, studioso di antropologia e criminologia e giurista Italiano, che classificò i delinquenti in base allo studio dei loro volti, nella convinzione che nei loro tratti somatici fosse scritto, quasi come una sorta di predestinazione, il loro destino.
Non si può poi dimenticare il crescente nazionalismo, diffuso in tutte le nazioni europee, tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo: unito agli studi sulla classificazione della specie umana in razze superiori e inferiori, esso portò allo sviluppo dell'odio razziale nei confronti di chi risultava diverso e al radicarsi della convinzione che fosse giustificato il prevalere di alcune razze su altre.
I DIRITTI NEGATI
Con l'emanazione delle leggi razziali da parte del governo Mussolini, ai cittadini considerati di razza inferiore vennero negati alcuni diritti che oggi riteniamo fondamentali.
Dal luglio del 1938 vennero promulgati diversi testi sul tema della difesa della razza: poichè come si è sopra ricordato, il Duce non riteneva necessarie vere e proprie leggi razziali, ma non voleva comunque scontentare l'alleato germanico, inizialmente decise di pubblicare delle tesi che sostenevano l'esistenza di razze diverse, successivamente invece si arrivò all'emanazione di vere e proprie leggi che limitavano le libertà personali e collettive degli ebrei.
La legislazione antisemita comprendeva una serie di divieti che colpivano gli israeliti ad esempio:
- il divieto di matrimonio tra italiani ed ebrei;
- il divieto per gli ebrei di avere alle proprie dipendenze domestici di razza ariana;
- il divieto per tutte le pubbliche amministrazioni e per le società private di carattere pubblicistico - come banche e assicurazioni - di avere alle proprie dipendenze ebrei;
- il divieto di trasferirsi in Italia ad ebrei stranieri e revoca della cittadinanza italiana concessa a ebrei stranieri in data posteriore al 1919;
- il divieto di svolgere la professione di notaio e di giornalista e forti limitazioni per tutte le cosiddette professioni intellettuali;
- il divieto di iscrizione dei ragazzi ebrei - che non fossero convertiti al cattolicesimo e che non vivessero in zone in cui i ragazzi ebrei erano troppo pochi per istituire scuole ebraiche - nelle scuole pubbliche;
- il divieto per le scuole medie di assumere come libri di testo opere alla cui redazione avesse partecipato in qualche modo un ebreo.
Infine vi furono una serie di limitazioni da cui erano esclusi i cosiddetti arianizzati come il divieto di:
- svolgere il servizio militare;
- esercitare il ruolo di tutore di minori;
- essere titolari di aziende dichiarate di interesse per la difesa nazionale;
- essere proprietari di terreni o di fabbricati urbani al di sopra di un certo valore.
Per tutti fu disposta l'annotazione dello stato di razza ebraica nei registri dello stato civile.
È comunque da sottolineare che, fino al 1943, il trattamento riservato agli Per tutti fu disposta l'annotazione dello stato di razza ebraica nei registri dello stato civile.ebrei italiani fu di gran lunga più umano rispetto a quanto succedeva nella Germania nazista; solo con lo sbarco degli Alleati in Sicilia e il conseguente inizio del processo di liberazione della Penisola, le persecuzioni e le deportazioni divennero più aspre e frequenti, tanto che, alla fine del secondo conflitto mondiale, gli ebrei italiani uccisi dal regime fascista furono circa settemila tra uomini, donne e bambini.
Oggi gli ebrei italiani sono circa 36 mila, divisi in 21 comunità e sono tutelati dalla Legge d'Intesa, firmata nel 1987, con la quale si riconosce pari libertà ai cittadini di razza ebraica.