LE FOIBE

Le foibe sono cavità carsiche di origine naturale con un ingresso a strapiombo.

E in quelle voragini dell'Istria che, fra il 1943 e il 1947, vennero gettati, vivi e morti, quasi diecimila italiani. La prima ondata di violenza esplose subito dopo la firma dell'armistizio dell'8 settembre 1943: in Istria e in Dalmazia i partigiani slavi si vendicarono contro i fascisti e gli italiani non comunisti. Torturarono, massacrarono e poi gettarono nelle foibe circa un migliaio di persone. Li considerarono "nemici del popolo"; la violenza aumentò nella primavera del 1945, quando la Jugoslavia occupò Trieste, Gorizia e l'Istria. Le truppe del Maresciallo Tito si scatenarono contro gli Italiani. A cadere dentro le foibe furono fascisti, cattolici, liberal-democratici, socialisti, uomini di chiesa, donne, anziani e bambini. Lo racconta Graziano Udovisi, l'unica vittima del terrore titino che riuscì ad uscire da una foiba. Questa carneficina testimonia l'odio politico-ideologico e la pulizia etnica voluta da Tito per eliminare dalla futura Jugoslavia i non comunisti. La persecuzione proseguì fino alla primavera del 1947, fino a quando, cioè, venne fissato il confine fra l'Italia e la Jugoslavia. Il dramma degli istriani e dei dalmati, però non finì. Nel febbraio del 1947 l'Italia ratificò il trattato di pace che pose fine alla Seconda guerra mondiale: l'Istria e la Dalmazia vennero cedute alla Jugoslavia.

Trecentocinquantamila persone si trasformarono in esuli. Scappavano dal terrore, non avevano nulla, erano bocche da sfamare, per questo non trovarono in Italia una grande accoglienza. La sinistra italiana li ignorò: non suscitava solidarietà chi stava fuggendo dalla Jugoslavia, da un paese comunista alleato dell'URSS, in cui si era realizzato il sogno del socialismo reale. La vicinanza ideologica con Tito è, del resto, la ragione per cui il PCI non affrontò il dramma degli infoibati. Non fu solo il PCI, però a lasciar cadere l'argomento nel disinteresse. Come ricorda lo storico Giovanni Sabbatucci, la stessa classe dirigente democristiana considerò i profughi dalmati "cittadini di serie B" e non approfondì la tragedia delle foibe. I neofascisti, d'altra parte, non si mostrarono particolarmente propensi a raccontare cosa avvenne alla fine della seconda guerra mondiale nei territori istriani. Fra il 1943 e il 1945 queste terre erano sotto l'occupazione nazista, in pratica erano state annesse al Reich tedesco. Per quasi cinquant'anni il silenzio della storiografia e della classe politica avvolse la vicenda degli Italiani uccisi nelle foibe istriane. È una ferita ancora aperta perché, ricorda ancora Sabbatucci, è stata ignorata per molto tempo. Il luogo simbolo delle foibe è il Pozzo delle miniere di Basovizza, presso il quale gli autocarri scaricarono a ondate successive circa duemila persone, poi gettate a morire, tra atroci tormenti, in quella cavità profonda 250 metri.

Oggi a Basovizza, divenuta simbolo di tutte le foibe del Carso e dell'Istria, c'è un sacrario che ci ricorda l'assurdità di tutte le stragi.

La Giornata del ricordo per le vittime delle foibe e gli elusi istriani e dalmati fu istituita in Italia dalla legge n.92 del 30 marzo 2004. La data è stata fissata al 10 febbraio perchè coincide con la firma del trattato di pace, sottoscritto a Parigi nel 1947, che sancì il passaggio dell'Istria e di Fiume alla Jugoslavia.

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