LA VITA DEI BAMBINI NEI CAMPI DI CONCENTRAMENTO
A causa delle persecuzioni naziste, i bambini deportati nei campi di concentramento furono numerosissimi. Il destino che li attendeva, non era uguale per tutti quelli che giungevano nei lager: alcuni venivano soppressi attraverso le camere a gas, oppure morivano a causa dei vari esperimenti che svolgevano su di essi. Altri, invece, erano sottoposti al duro compito di dedicarsi ai lavori forzati. Nonostante fossero in tenera età, la giornata di un bambino non era diversa da quella di un adulto: al mattino venivano svegliati molto presto dalle sirene e durante la giornata venivano sottoposti a lavori durissimi e faticosi, talvolta pericolosi o addirittura mortali. Spesso accadeva che i prigionieri raggiungessero lo sfinimento, sia fisico che mentale. Le giornate nel lager trascorrevano tutte uguali, tra fatica e punizioni, per non parlare delle razioni di cibo che erano sempre molto scarse o inesistenti.
Uno dei campi di concentramento più famoso, in cui erano rinchiusi un gran numero di bambini e neonati, è conosciuto con il nome di Terezin. I fanciulli deportati in questo campo erano soprattutto ebrei cechi e la maggior parte di loro morì nelle camere a gas.
I bambini e le bambine che avevano meno di 12 anni vivevano nelle baracche con le donne, mentre quelli più grandi stavano con gli uomini. Le condizioni igieniche e abitative e la fame erano una fonte costante di sofferenza per tutti gli internati, e soprattutto per i bambini, a cui venne letteralmente rubata l'infanzia. Per questo motivo i prigionieri adulti riuscirono, per un certo periodo, a trasferire i giovani nelle case per i bambini, in modo da alleviare le condizioni di vita del campo. Questo permise di ridare ai più piccoli la dignità della loro condizione di fanciulli, in quanto in queste strutture vennero messe in atto diverse attività, come l'organizzazione di una vita giornaliera e addirittura l'insegnamento clandestino. In queste case operavano diversi educatori, che istruivano i piccoli prigionieri e permettevano loro di partecipare a eventi organizzati dai detenuti del campo. Una testimonianza di queste attività è data dalle numerose poesie ritrovate nel corso degli anni successivi alla chiusura del lager, scritte dai bambini che partecipavano a queste iniziative.
Una parte del loro tempo veniva anche impiegato per il disegno, attraverso il quale i piccoli detenuti potevano dare spazio alla propria fantasia, illustrando e dipingendo la realtà che in quel momento avrebbero voluto vivere: come per esempio giocattoli, cibo a volontà, prati in cui correre e altri elementi che richiamavano una condizione di vita serena e felice. Altri, invece, erano stati talmente provati dall'esperienza del lager, che nei loro disegni raffiguravano la cruda realtà in cui vivevano, disegnando gli elementi tipici del ghetto di Terezin, come gli ospedali, i malati, i funerali o le esecuzioni.
Nonostante queste iniziative, svolte dagli adulti per alleviare la dura vita che i bambini dovevano affrontare ogni giorno nel campo, le condizioni rimanevano comunque pessime.
Spesso, i bambini erano ridotti a uno stato di quasi totale smarrimento della propria identità, proprio come accadeva per le persone adulte. Infatti, le problematiche legate alla permanenza e allo sfruttamento nei campi di concentramento diedero ripercussioni sia a livello fisico che psicologico.
Per esempio, ci sono diverse testimonianze di sopravvissuti all'Olocausto che, a distanza di diversi anni dalla vita nei lager, si sono ammalati di gravi malattie come il tumore al colon. Le ricerche hanno riportato che per gli individui che hanno vissuto quest' esperienza nell'età infantile, il rischio di tumore è addirittura triplicato, questo a causa dello stress prolungato e dei disturbi post-traumatici proprio legati alla vita condotta nei campi e al lavoro forzato a cui erano sottoposti, oltre che alle gravi mancanze di cibo.