LA MACCHINA DELLA PROPAGANDA

L'avvento del nazismo, lo stesso mantenimento del potere da parte di Hitler e dei suoi accoliti, lo si deve ad una delle più potenti armi del Novecento, abilmente sfruttata da tutti i totalitarismi: la propaganda. Il cinema, ma soprattutto la radio (che per la prima volta entrava in quasi tutte le case tedesche e veniva scientificamente collocata in tutti i luoghi pubblici, le cosiddette "radio del popolo") offrirono al nazismo uno straordinario strumento per l'esaltazione del Führer e delle realizzazioni del regime. Dietro a questa efficiente e colossale macchina c'era un geniale manovratore, paradossalmente minuto, un uomo che amava farsi chiamare "Herr Doktor", non arrivava al metro e cinquantatre di altezza e pesava 45 chili: era Joseph Goebbels, il più fedele ed esaltato uomo del Führer, l'artista dell'uso dell'equivoco ("Qualsiasi bugia, se ripetuta frequentemente, si trasformerà gradualmente in verità"), l'uomo che con lui sarebbe morto nell'ultimo giorno, l'uomo che, prima di compiere questo estremo atto di fedeltà a Hitler, avvelenò tutta la sua famiglia. "Sarebbe sbagliato e troppo semplicistico - scrive H.W. Koch - identificare la propaganda nazionalsocialista esclusivamente con il dottor Joseph Goebbels o viceversa. Goebbels era la voce del padrone, niente di più e niente di meno, anche se la sua parve spesso infinitamente più raffinata e chiara. Dote principale di Hitler, infatti, fu la capacità di dare una proiezione quasi messianica alla sua missione, sfogando frustrazioni segrete della sua generazione. A quel livello Goebbels lo zoppo non arrivò mai. Seppe esaltare le masse fino all'isterismo, ma non farle passare, come invece Hitler, dall'isterismo all'azione". Quel che è certo è che, fra i due, si creò una complessa e perfetta alchimia. Il loro legame si era creato sin dai tempi della lotta per il potere, negli anni venti. Gauleiter(capo di una sezione locale del Partito Fascista) di Berlino nel 1926, Goebbels aveva messo in pratica alla perfezione le tattiche hitleriane della conquista della piazza, sfruttando le armi della provocazione e dello sfruttamento delle reazioni degli avversari comunisti. Il primo Goebbels, piuttosto, non condivideva per nulla le teorie antisemite del Führer, ma quando realizzò che queste potevano creare un utile capro espiatorio sociale e fungere da potente arma anti-borghese e anti-capitalista, allora le adottò senza problemi. Sin da piccolo Joseph imparò a detestare i tic della piccola borghesia cui apparteneva, assillata dal risparmio e dalla morigeratezza. Il cinismo e la scaltrezza del minuto "Herr Doktor" venivano dalle proprie frustrazioni e dal disprezzo verso la propria persona, colpita da una forma di poliomielite che gli aveva reso un gamba più corta dell'altra di otto centimetri, che lo aveva reso zoppo sin dalla tenera età e che condizionò profondamente il suo carattere. A causa di questo handicap il giovane Goebbels non potè partecipare alla Grande Guerra, fu respinto senza neppure una visita dal servizio militare - al quale si era offerto volontario. Una volta raggiunto il potere la sua macchina propagandistica decise che la sua deficienza fisica era la conseguenza di una ferita riportata in guerra. Amante della letteratura, Goebbels cercò la strada della scrittura, ma fallì miseramente. Nel campo dell'informazione, invece, Goebbels scoprì, come scrisse lui stesso, di "essere un predicatore, un apostolo, un trascinatore delle folle e di avere fra le mani l'anima dei lavoratori.

Rese efficiente il suo giornale, "Der Angriff" (L'Attacco), dal quale lanciò il celeberrimo slogan "Ein Volk, Ein Reich, Ein Führer" (un popolo, un impero, un capo). Sfruttando l'arma della stampa, Goebbels guadagnò fama e consensi e questi lo portarono al Reichstag nel 1928, insieme ad altri undici nazisti. A quel punto la storia cominciò a dare una mano ai destini del partito nazista.

Sopraggiunse la crisi del 1929 e la Germania sprofonda negli anni trenta in quell'incubo economico che lanciò come una catapulta i nazisti verso la vetta del potere. Una volta lassù, però, per Goebbels si delinearono una serie di problemi, primo fra i quali la concorrenza di altri gerarchi che insidiavano la sua posizione rispetto a Hitler.

LA RADIO

Nominato capo della propaganda nazista in tutta la Germania, iniziò a servirsi dell'arma principale della sua azione propagandistica che fu, come detto, la radio. Basandosi sui "suggerimenti" del regime sovietico, il gerarca nazista capì che la radio poteva diventare la voce del regime in ogni casa tedesca. La radio, oltretutto, permetteva a Goebbels di guadagnare un carisma personale, difficilmente ottenibile dal vivo (situazione in cui, al contrario, Hitler eccelleva). La voce profonda e affascinante di Goebbels, l'uso dell'ironia (che invece al Führer mancava totalmente), diffuse dalla radio, mascheravano al popolo la condizione fisica dell'uomo: Goebbels, minuto, eccessivamente magro, zoppo da un piede, era l'esatto opposto del mito fisico ariano. Solo dopo il raggiungimento del potere, infatti, egli seppe sfruttare presso il pubblico femminile il proprio carisma, divenendo un indefesso corteggiatore. Il passo definitivo verso il potere assoluto Goebbels lo fece quando Hitler lo nominò, a soli 35 anni, capo del Ministero della propaganda e dell'Illuminazione del Popolo, con il quale stese la propria longa manus su tutti i media, eccetto la stampa: radio, cinema, teatro e musica. Goebbels divenne così il più giovane ministro d'Europa. Fu da questo pulpito che il "gerarca zoppo" riuscì a rendere Hitler, alle porte dell'intervento armato in Polonia, il condottiero indiscusso della Germania. E grazie alla propaganda - come avvenne in Russia con Stalin - qualsiasi inefficienza o errore del regime veniva imputato alla "cricca" sotto di lui e al fatto che "il Führer probabilmente non poteva sapere". La propaganda non si limitò alla Germania; già nel 1933 una stazione ad onde corte trasmetteva programmi all'estero. Dieci anni dopo, le stazioni erano diventate 130, e diffondevano quotidianamente 279 bollettini di informazioni in 53 lingue.

IL CINEMA

Anche il cinema fu un eccellente strumento di propaganda nelle mani di Joseph Goebbels. Di questa "nuova arte" "Herr Doktor" era sinceramente appassionato, tanto da avere una sala cinematografica privata, dove si faceva proiettare tutti i migliori (e proibiti da lui stesso!) film americani. Con suo grande dispiacere, l'avvento del nazismo portò ad un esodo in massa dei migliori registi e attori di cinema. Addirittura, Goebbels cercò di convincere Lang a lavorare per il regime, benchè il regista fosse ebreo. Il cinema doveva essere improntato ad un severo moralismo (il ministro bocciò i film di Tarzan perché l'eroe era troppo svestito) e ad un intento educativo (film antisemiti come il celebre "Suss l'Ebreo").

LA STAMPA

L'unico mezzo di comunicazione che restava fuori dal potere di Goebbels era la stampa. In tre mosse anche questo obiettivo fu raggiunto. Per prima cosa, per suo ordine, tutte le diverse agenzie di stampa vennero conglobate in una sola, la DNB (Deutsches Nachrichten-Bureau, Ufficio Tedesco dell'Informazione); in secondo luogo, con una legge ad hoc (ottobre 1933), i giornalisti vennero "sollevati dalle loro responsabilità verso i rispettivi editori", dovendo di conseguenza rispondere "allo Stato"; infine, la terza mossa consistette nel metodo della "conferenza stampa quotidiana", attraverso la quale il Ministero diceva ai direttori dei giornali di cosa e come si doveva parlare. Nel campo dell'arte e della letteratura, infine, si devono a Goebbels due iniziative salite ad icone negative del regime hitleriano: il rogo dei libri proibiti e la celebre Mostra dell'Arte Degenerata, con cui il regime voleva illustrare al popolo gli "obbrobri" di artisti ebrei e decadenti come Van Gogh e Picasso. Prima di vendere o distruggere alcune di queste opere, la Mostra venne organizzata a Monaco nel luglio del 1937. Questo fu uno dei pochi, ma clamorosi autogol di Goebbels: la Mostra, ricca di 730 opere collocate a caso, senza cornici e corredate di commenti denigratori, attirò più di due milioni di tedeschi.

L’INDOTTRINAMENTO GIOVANILE

LA SCUOLA

Così come avvenne per il regime sovietico, anche quello nazista si pose come uno dei principali obiettivi quello dell'indottrinamento dei giovani. Così facendo il III Reich si assicurava non solo il futuro, ma l'interpretazione del passato. Ovviamente, tutta la storia del popolo tedesco e dell'Europa vennero visti attraverso il messaggio "salvifico" del nazismo, unica forza in grado di sconfiggere il marxismo e l'influenza potente e nefasta dell'ebraismo nel mondo. "La gioventù tedesca del futuro - scriveva Hitler - deve essere snella e agile, veloce come un levriero, forte come il cuoio e dura come l'acciaio Krupp. Non occorre che abbia alcuna preparazione culturale. La conoscenza guasta i miei giovani. Una gioventù attiva, determinata e dominatrice, ecco ciò che voglio". Parole inquietanti, ma spudoratamente sincere. Hitler, così disponendo, non faceva che riversare le proprie frustrazioni di studente fallito e mediocre artista, appassionato unicamente di disegno e ginnastica. La gioventù tedesca del regime avrebbe dovuto soprattutto eccellere nel fisico, piuttosto che nell'anima. Quest'ultima andava semplicemente consacrata al Führer. Il sistema scolastico tedesco, prima dell'avvento del nazismo, era uno dei migliori e più duri d'Europa, anche se la classe insegnante statale aveva di che lamentarsi, soprattutto dal punti di vista retributivo. Maestri e professori erano, inoltre, in maggioranza di convinzioni nazionaliste e conservatrici e non pochi tra loro erano convinti antisemiti. La scuola, di conseguenza, si rivelò un terreno fertile per la propaganda nazista e ben poche resistenze si registrarono all'interno della dirigenza scolastica. Sin dai primi mesi dell'avvento al potere di Hitler gli effetti della politica nazista si fecero sentire nelle scuole. I primi a subirne le conseguenze furono, non c'è bisogno di dirlo, gli insegnanti di origine ebrea, poi i "dissidenti" e infine le donne sposate, per le quali il regime prevedeva un futuro da fedeli madri e mogli, "custodi del focolare". Come era avvenuto per ogni categoria professionale, il partito nazista non perse tempo a incorporare ogni membro in un'unica associazione. Nel giro di un paio di anni, infatti, il 97% degli insegnanti risultò iscritto all'Associazione Nazista degli insegnati. Gli studenti, dalle elementari fino alle superiori, furono oggetto di una scientifica opera di demolizione meritocratica. "Spontaneamente", bambini e ragazzi dovevano portare e bruciare i libri considerati "sgraditi" o portarli al riciclaggio, dove si sarebbero trasformati in testi "adatti". I vecchi sussidiari vennero sostituiti da libri sulla vita del Führer, racconti a fumetti di stampo antisemita e libri di matematica dai contenuti "edificanti" (un esempio di problema: "Un moderno cacciabombardiere può portare 1800 bombe incendiarie. Quanto sarà lungo il cammino in cui scaricare queste bombe, se ne getta una ogni secondo volando alla velocità di 250 km orari? Quanto disteranno tra loro i crateri prodotti dalle bombe?").Seguendo le direttive del Führer, la ginnastica assurse ad attività scolastica principale.

Le ore dedicate ad essa vennero più che raddoppiate, a scapito di quelle dedicate a materie come la religione, la storia dei paesi in cui non veniva parlata la lingua tedesca e, ovviamente, la letteratura, considerata un'espressione artistica pericolosa perché legata alla libertà di pensiero e dominata dalla presenza di autori ebrei. Il razzismo divenne una delle colonne educative fondamentali della scuola nazista: per passare agevolmente un esame di qualsiasi tipo bastava imparare con dovizia le teorie sulla superiorità della razza ariana, sull'inferiorità di quella ebrea e slava, sulle teorie biologiche naziste e sui miti del nord. Già nell'aprile 1933, solo quattro mesi dopo la salita al potere dei nazisti, il "Decreto contro il Sovraffollamento delle Scuole Tedesche" - formula benevola che nascondeva l'esplicita volontà d'epurazione - intimava che, in ogni scuola, la percentuale di studenti "non ariani" non dovesse superare l'1,5%. Il fine ultimo del nazismo, però, consisteva nel completo controllo delle giovani menti, non solo tra le quattro mura scolastiche, ma anche al di fuori, per tutto il resto della giornata. Un'attenta politica di omologazione venne condotta attraverso le numerose associazioni giovanili, le quali si assumevano compiti in fondo divertenti per i ragazzi, come campi estivi, attività sportive, feste e manifestazioni.

GIOVENTU' HITLERIANA

Soprattutto attraverso le associazioni, il regime cercava di convincere i giovani a ritenersi la speranza e la linfa vitale della nazione, nonchè a ritenere il Führer l'unico depositario della loro fiducia, al di sopra dei genitori, che andavano quindi apertamente criticati e "controllati". La principale associazione di partito fu la celebre Gioventù Hitleriana (corrispondente alla sovietica Komsomol, la Gioventù comunista), nelle cui file il giovane tedesco sarebbe cresciuto nel culto di Hitler e del partito. A gennaio del 1933 la Gioventù Hitleriana contava 55.000 membri, nel giro di pochi anni divenne la più grossa associazione giovanile del mondo occidentale. Questo eccezionale sviluppo lo si dovette, oltre che alla scientifica macchina della propaganda, alle capacità organizzative del suo direttore, il giovane, grasso ed effeminato Baldus von Schirach, che in poco tempo seppe conquistare la fiducia del Führer. Ad onor del vero, non fu solo l'efficienza organizzativa di von Schirach a dare il monopolio alla Gioventù Hitleriana: le associazioni concorrenti, come la conservatrice Grande Lega Tedesca, vennero sistematicamente boicottate dalle SA e i giovani hitleriani ebbero il permesso di assaltare le sedi dei rivali, distruggendone documenti e proprietà. Non ci fu da stupirsi, quindi, quando il regime annunciò orgoglioso che la gioventù Hitleriana contava, alla fine del 1933, ben due milioni e mezzo di affiliati, ossia il 30% dei tedeschi tra i 10 e i 18 anni di età. Per quanto riguarda le femmine, sorsero le associazioni della Lega delle Fanciulle (10-14 anni) e delle Giovani tedesche (14-18 anni), in pratica sezioni "rosa" della Gioventù Hitleriana. In queste associazioni il primato dell'efficienza fisica veniva subordinato alla retorica del ruolo di madre e moglie della donna nella famiglia tedesca: le pratiche "domestiche" divennero quindi la materia di studio e di allenamento principali. La donna tedesca veniva educata ad assumere così atteggiamenti consoni alla "dignità tedesca", ma non solo: lo stesso aspetto fisico doveva seguire precise direttive. La donna tedesca doveva essere in carne, vestire lunghe e pudiche gonne, sfoggiare trecce tradizionali. Severe punizioni (ad esempio, la rapatura a zero) attendevano quelle ragazze che avessero rifiutato questa omologazione estetica. A dispetto di tutte le numerose attività organizzate dalla Gioventù Hitleriana maschile e femminile, non si potè fare a meno di registrare un aumento dei disturbi fisici e psichici nei giovani, nonchè del deterioramento dei loro rapporti con i genitori. Sempre nel primo anno di potere, le SA e le SS, con l'aiuto del Ministero dell'Istruzione, crearono collegi per ragazzi chiamati Istituti per l'Educazione Politica Nazionale, i Napola. Essi sostituivano le tradizionali accademie prussiane per l'addestramento dei cadetti, le prestigiose scuole da cui venivano i migliori elementi della dirigenza militare. Da questi istituti nazificati fioriva così la dirigenza delle Waffen-SS, il ramo militarizzato delle SS. Nel 1938 i Napola erano ventuno in tutto il paese e accettavano ragazzi dai 10 anni in su. Nel 1937 sorsero poi le Scuole di Adolf Hitler, dove venivano educati i futuri dirigenti di partito. Dai dodici anni in su, i membri di queste scuole provenivano dalla Gioventù Hitleriana e dovevano essere di pura razza ariana.

Seppur destinati a ruoli d'ufficio, gli studenti delle Scuole di Adolf Hitler seguivano più di 5 ore al giorno di lezioni pratiche e di educazione fisica e solo una e mezza di materie scientifiche e umanistiche. Alla fine degli anni Trenta, il regime organizzò anche dei severi centri di specializzazione, destinati ai migliori diplomati nelle Scuole di Adolf Hitler. Erano i Castelli dell'Ordine, dove si praticava una sorta di rito cavalleresco medioevale. Queste scuole avevano sede proprio in antichi castelli lontani dalle città: le lezioni comprendevano ideologia nazista e estenuanti prove fisiche (marce da un castello all'altro, voli in aliante, percorsi di montagna durissimi su sci, etc..). Ovviamente, le donne erano escluse da tutti questi istituti sorti per la creazione di una dirigenza politica: chiaramente, lo statuto nazista escludeva che il gentil sesso potesse raggiungere le vette del partito. Prima dell'avvento del nazismo, la Germania della Repubblica di Weimar era un esempio per l'emancipazione femminile. Fino al 1933 le donne che lavoravano erano quattro volte di più di quelle americane, avevano diritto di voto e nel Reichstag sedevano più membri femminili rispetto a tutti gli altri Parlamenti del mondo occidentale. La politica nazista verso le donne fu, come si può dedurre, altamente coercitiva. Le donne vennero escluse dal mondo economico (almeno fino a quando si realizzò penuria di uomini, perché erano tutti al fronte) e dovevano sottostare a rigide regole sociali: vestiti alla moda, trucco eccessivo, pantaloni; la dieta e il fumo vennero considerati elementi contrari alla morale tedesca. Per non parlare dell'aborto, che venne definito "atto di sabotaggio verso lo stato".

Scroll to Top