IL SENTIERO DELLA SHOAH

Lughina è il nome di una contrada di confine tra Tirano e la Svizzera. E' un'escursione insolita tra ambiente naturale e storiche rievocazioni della Shoah, sulla via degli Ebrei fuggiaschi durante l'ultima guerra. Nessuno immaginerebbe che la montagna soleggiata e verdeggiante, a picco sulle case di Villa di Tirano, sia percorsa da una storica mulattiera, che porta l'infausto nome di "Sentiero della Morte". Dalla metà degli anni '70 esiste uno stretto sentiero che, da contrada Ragno, si inerpica tortuoso a Novaglia e dall'89 è stato prolungato fino a Lughina.

La storia di questa denominazione è argomento dolente e di omertà . Si dice che in quegli anni, tra il '43 e tutto il '44, in seguito alle persecuzioni razziali nazi-fasciste, all'Aprica si era creata una concentrazione di Ebrei fuggiaschi dall'Italia e provenienti da tutto l'Est-Europa. Gli Ebrei erano diretti in Svizzera, per mettersi in salvo in territorio neutrale. Per sottrarsi alla deportazione e alla soppressione nelle camere a gas, nei campi di sterminio, nel quadro della "soluzione finale", i profughi israeliti giunti all'Aprica avevano affrontato un viaggio fatto di rischi e sofferenze. Senza cibo né acqua si dissetava ai ruscelli e compravano gli alimenti dai contadini, per quel poco che potevano avere, in un periodo di grave razionamento. Venivano accompagnati attraverso sentieri fuori mano dai passatori oppure, solamente, indirizzati verso la frontiera fra luoghi impervi. I passatori, dopo essere stati pagati, si appropriavano di oggetti di valore, di indumenti e di scarpe. In questo percorso finale verso la salvezza, c'era una casermetta della finanza di confine delle Brigate Nere, che, comunque, veniva aggirata verso il Salto del Gatto. Gli Ebrei in fuga si mettevano in salvo, in un bosco sopra Brusio portando con sé denaro, oggetti di valore e gioielli.

La verità dei fatti è nota solo a chi non parla e molti di loro sono anziani di Villa di Tirano ormai deceduti. Tra essi il professore Gervasio Pradella che ricordava di aver aiutato una famiglia di Ebrei provenienti da Budapest; nel dopoguerra i fuggiaschi tornarono di persona a ringraziarlo per averli salvati dall'Olocausto. Secondo rare testimonianze il sentiero ebbe la denominazione di "Sentiero della morte" perché alcuni incidenti mortali, conclusero per sempre la fuga degli Ebrei. In Valle prevale la voce che gli episodi cruenti siano stati pochissimi. Luciano Cabirri ricordava che un Ebreo, derubato del cappotto era tornato a riprenderlo nel dopoguerra e riavutolo si seppe che nelle spalline erano cuciti e nascosti dei diamanti. Vi furono episodi di gente comune, di valligiani, che con grande rischio personale, offrivano straordinaria solidarietà a persone che non conoscevano, di nazionalità , di religione e di fedi politiche diverse.

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