GENOCIDIO IN DARFOUR
Lo scontro nel Darfur è un conflitto armato attualmente in corso in questa regione situata nell'ovest del Sudan, nel deserto del Sahara, in maggioranza costituita da popolazioni musulmane. Il conflitto, iniziato nel febbraio del 2003, vede contrapposti un gruppo di miliziani islamici reclutati fra i membri delle locali tribù nomadi dei Baggara e la popolazione non Baggara della regione (principalmente composta da tribù dedite all'agricoltura). Il conflitto scoppiò il 26 febbraio 2003, quando il Fronte di Liberazione del Darfur (FLD) rivendicò pubblicamente un attacco su Golo, quartier generale del distretto di Jebel Marra. Ancora prima di questo attacco, comunque, vi erano già state conflittualità in Darfur, quando i ribelli avevano attaccato stazioni di polizia, avamposti e convogli militari e il governo aveva risposto con un massiccio assalto aereo e terrestre alla roccaforte dei ribelli nelle montagne Marra.
Le stime delle vittime del conflitto variano a seconda delle fonti da 50.000 (Organizzazione Mondiale della Sanità, settembre 2004) alle 450.000 (secondo Eric Reeves, 28 aprile 2006). La maggior parte delle ONG (organizzanioni non governative) reputa credibile la cifra di 400.000 morti fornita dalla Coalition for International Justice e da allora sempre citata dalle Nazioni Unite.
I mass media hanno utilizzato, per definire il conflitto, sia il termini "pulizia etnica" sia quello di "genocidio". Il Governo degli Stati Uniti ha usato il termine genocidio, a differenza delle Nazioni Unite. Il 5 maggio 2006 il governo del Sudan ha firmato un accordo di pace con l'Esercito di Liberazione del Sudan (SLA), respinto però da altri due gruppi ribelli minori: il JEM e una fazione rivale dell'SLA. L'accordo fu coordinato dal Vice Segretario di Stato statunitense Robert B. Zoellick, da Salim Ahmed Salim (per conto dell'Unione Africana), da rappresentanti dell'UA e altri ufficiali stranieri che operano in Nigeria, ad Abuja. L'accordo prevede il disarmo delle milizie Janjawid, lo smantellamento delle forze ribelli e la loro incorporazione nell'esercito.
Nei mesi di luglio ed agosto 2006 sono ripresi i combattimenti, "minacciando di bloccare la più grande operazione di soccorso nel mondo" dato che le organizzazioni di aiuti umanitari hanno preso in considerazione la possibilità di lasciare il paese a causa degli attacchi contro membri del proprio personale. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite Kofi Annan ha chiesto l'invio nella regione di una forza di pace internazionale di 17.000 uomini per sostituire quella dell'Unione Africana di 7.000 uomini, ma il Sudan ha rifiutato questa richiesta.
L'Unione Africana è presente nella regione con una forza di pace, in questo momento insufficiente per arginare la violenza delle milizie arabe Janjawid, sostenute dal Governo di Khartum, la capitale del Sudan. Sono inoltre presenti 97 tra ONG e agenzie dell'ONU, con un totale di più di 14.000 operatori umanitari, per lo più concentrati a Nyala, capitale del Sud del Darfur. L'Italia è attualmente impegnata in Darfur con 5 ONG, distribuite nel Nord, Sud e Ovest, impegnate in progetti di carattere sanitario e idrici. Il rapporto dell'ONU del 31 gennaio 2005 sostiene che ci siano stati uccisioni in massa e violazioni, ma che non possano essere definiti genocidio poichè "non sembrano esserci intenti di genocidio".