IL CAMPO DI CONCENTRAMENTO DI RAVENSBRUCK
A differenza della maggior parte dei campi, Ravensbruck era destinato prevalentemente alle donne e ai bambini. Disponeva di trentuno sottocampi utilizzati dai nazisti come riserva di manodopera schiava, disseminati tra il Mar Baltico e la Baviera, a 90 chilometri a nord di Berlino.
La costruzione del lager iniziò il 25 novembre 1938, su ordine di Heinrich Himmler, da parte di 500 prigionieri trasferiti dal campo di concentramento di Sachsenhausen.
Il campo principale conteneva solo donne e dal momento della fondazione fino a quando fu occupato dall'esercito Russo, ve ne furono internate 125.000. In gran parte erano francesi e da questo derivò il nome, pienamente meritato, col quale è conosciuto ovunque: "L'enfer des femmes". Le prigioniere comprendevano infermiere della croce rossa russa catturate sul campo di battaglia, membri del movimento della resistenza e lavoratrici forzate deportate in Germania ma incapaci di produrre a sufficienza.
Il 15 maggio 1939, le prime 900 deportate austriache e tedesche vennero internate a Ravensbruck che da quel momento, e fino alla definitiva caduta del regime nazista nel maggio 1945, divenne il lager femminile tedesco più importante.
Il 29 giugno dello stesso anno giunsero al campo, provenienti dall'Austria, 440 deportate zingare insieme ai loro figli: entro il 1945 ne erano transitate un totale di circa 5.000.
Dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale e la successiva invasione tedesca della Polonia, il 23 settembre 1939, le prime polacche giunsero al campo. Entro il termine del conflitto vennero internate a Ravensbruck provenienti dalla Polonia e dagli altri territori occupati dell'est circa 40.000 donne.
A partire dal novembre del 1941 il medico del campo, Friedrich Mennecke, condusse diverse "selezioni" per eliminare le prigioniere fisicamente più debilitate. Il 23 marzo 1942 circa 1.000 internate vennero trasferite al campo Auschwitz-Birkenau, dove diedero origine al primo nucleo del nuovo campo femminile in costruzione ad Auschwitz.
Tra il 1942 ed il 1943 continuarono i trasferimenti di deportate ebree in seguito agli ordini pervenuti dall'Ufficio centrale per la sicurezza del Reich che prevedevano l'internamento di tutti i deportati di origine ebraica nel campo di Auschwitz, al fine di rendere la Germania (dove Ravensbruck si trovava) priva di ebrei.
Il 20 luglio 1942, iniziarono gli esperimenti "medici", in particolare sulle polacche, effettuati dal medico delle SS.
All'inizio del 1944 le autorità del lager, per eliminare le deportate stremate, iniziarono la costruzione di una camera a gas funzionante a Zyklon B (acido cianidrico) e di un forno crematorio: la prima gassazione documentata risale al 22 giugno dello stesso anno.
Il 23 aprile 1945, con l'avvicinarsi della fine del regime nazista, Heinrich Himmler trattò, sperando di salvarsi, con il conte svedese Folke Bernadotte la liberazione di circa 7.000 internate che vennero trasferite dalla Croce Rossa svedese al sicuro. Il 27 aprile, le SS ordinarono l'evacuazione delle restanti deportate che furono costrette ad una marcia della morte, durante la quale la maggior parte di loro perse la vita.
Il 30 aprile 1945 le forze sovietiche liberarono il campo e trovarono 3.000 prigioniere, per la maggior parte gravemente ammalate e completamente denutrite. Poche ore dopo, le truppe in avanzata liberarono anche le poche sopravvissute alla marcia della morte.
I documenti ritrovati e scampati alla distruzione da parte delle autorità del campo indicano circa 92.000 vittime.
Quando una nuova prigioniera arrivava a Ravensbruck era obbligata ad indossare un triangolo di stoffa colorata sul quale era applicata una lettera che identificava la nazionalità e il motivo dell'internamento.
Alle deportate non ariane venivano subito rasati i capelli, poi utilizzati dall'industria tedesca e, dopo aver indossato la divisa a righe, erano condotte alle loro baracche.
La sveglia era alle 5.30 e alle 7.00 iniziava l'appello che durava circa due ore durante le quali le internate dovevano attendere in piedi, all'aperto e con qualsiasi tempo, sia d'inverno che d'estate. Il lavoro continuava, notte e giorno, con doppi turni di undici ore ciascuno, alla fine dei quali v'era un altro appello. Il lavoro era duro: filare, tessere, caricare e scaricare, scavare fosse, riparare strade sempre minacciate e picchiate.
Il cibo bastava appena a tenere in vita le donne ed era insufficiente visto il lavoro che queste dovevano affrontare. La quantità variava e si fece particolarmente scarsa dal 1942 in poi. Il menu giornaliero era formato da una tazza di surrogato di caffè al mattino, una minestra di patate o cavoli a mezzogiorno e una minestra uguale alla sera con un po' di pane. La mancanza di cibo e di assistenza sanitaria bastava da sola a provocare l'alto tasso di mortalità e quando le internate erano malate, al punto che neppure se percosse continuavano a lavorare, entravano nell'infermeria del campo conosciuta col nome di "Revier." Era un ospedale solo di nome, per il resto differiva poco dalle baracche ordinarie in cui vivevano e morivano le internate. C'erano numerose file di letti ma molto spesso due pazienti dovevano condividere lo stesso spazio, per questo le malate fisicamente in grado di lavorare venivano subito dimesse, in qualunque condizione clinica.
Alcune ricoverate vennero addirittura uccise somministrando loro iniezioni mortali e tutte le malate di tbc erano mandate direttamente alle camere a gas.
In un altro blocco erano ospitate le donne ritenute pazze. Era una stanza piccolissima, circa cinque metri per sei, e a volte vi si rinchiudevano 60 o 70 persone. Erano mezze nude, la stanza era sovraffollata al punto che c'era appena posto per sedersi e c'era una finestra senza imposte che non le proteggeva quando d'inverno faceva particolarmente freddo.
L'apparato igienico era rappresentato da un secchio al centro del pavimento che durante la notte si rovesciava e al mattino le donne si trovavano lordate dei loro stessi escrementi. Molte delle rinchiuse in questa stanza non erano neppure pazze ma stavano comunque chiuse là dentro giorno e notte e in nessun caso potevano uscirne vive. Spesso fra di loro scoppiavano risse e una mattina si scoprì che quattro di loro erano state strangolate durante la notte.
Le internate di Ravensbruck vennero utilizzate, a partire dall'estate 1942, come cavie umane per la "sperimentazione" medica: almeno 86 donne, di cui 74 polacche furono selezionate per le due serie di esperimenti.
La prima serie riguardò nuovi farmaci destinati alla cura delle infezioni delle ferite dei soldati al fronte. Le internate vennero deliberatamente fratturate ed infettate con batteri virulenti. Per meglio simulare le infezioni in alcune ferite vennero introdotti pezzi di legno, vetro o stoffa, per sviluppare la cancrena.
La seconda serie di esperimenti riguardò lo studio del processo di rigenerazione di ossa, muscoli e nervi e la possibilità di trapiantarli da una persona all'altra. Alcune donne subirono amputazioni, altre, come nel caso precedente, fratture e ferite.
La maggior parte delle vittime degli esperimenti moriva e le poche superstiti, a causa dell'andatura assunta dopo le operazioni (che riguardarono soprattutto gli arti inferiori), riuscirono a sopravvivere solo grazie alla solidarietà collettiva.
Come in altri lager anche a Ravensbruck nacquero forme di resistenza e opposizione: tra queste la più singolare fu l'organizzazione di lezioni scolastiche realizzate dalle prigioniere in favore delle compagne più sfortunate. Tutti i gruppi nazionali ebbero una qualche forma di insegnamento e le deportate polacche riuscirono ad organizzare lezioni universitarie con insegnanti qualificate.
Tutte le forme di resistenza e di ribellione scoperte erano punite in base alla gravità degli atti compiuti. La pena poteva prevedere venticinque bastonate sui reni con la vittima legata ad un ceppo o la fucilazione presso il crematorio. La sentenza veniva eseguita pubblicamente e di solito a gruppi di cinquanta vittime con la presenza di un medico, poichè non sempre le donne morivano immediatamente. Alla fine del 1944, dopo una visita di Himmler, circa cinquanta donne ogni giorno vennero uccise con un colpo alla nuca e poi cremate, in modo da affrettare l'evacuazione e non lasciare tracce all'arrivo dei russi che si avvicinavano. Arrivarono anche due specialisti per organizzare stermini di massa, le donne da loro scelte ricevevano delle carte d'identità rosa che in passato esoneravano dai lavori pesanti, ma che ora diventavano dei veri passaporti per la morte. Tutte le selezionate venivano trasferite al vicino Jugendlager (campo della giovinezza) per lo sterminio, in principio mediante fucilazione poi, il comandante, insoddisfatto per la scarsa velocità di questo programma, fece costruire una camera a gas. Fu eretta in fretta e nelle poche settimane che precedettero l'arrivo dei russi si ritiene che siano state uccise col gas 7.000 donne.
All'arrivo nello Jugend lager, le donne dovevano attendere tre o quattro ore prima di essere alloggiate nelle loro "stanze" dove non c'erano letti e il pavimento era arredato con sacchi pieni di paglia. Ogni "stanza" era affollata al punto che tutte le donne non potevano starci distese insieme e, fino alle cinque del pomeriggio del giorno successivo all'arrivo, non ricevevano cibo e acqua.
Nel campo della giovinezza c'era anche un crematorio usato per liberarsi dei cadaveri ma c'è, inoltre, la prova che alcune internate vi furono gettate dentro ancora vive.
Dopo la guerra si è scoperto che uno dei più importanti documenti conservati a memoria dell'Olocausto venne salvato negli ultimi istanti di vita di questo campo, dai membri di un movimento di resistenza della associazione Scout polacca, nato durante la guerra in contrapposizione all'invasione tedesca. Avere un'ulteriore prova dell'atrocità dei nazisti è importante soprattutto perchè il resto dei documenti del lager vennero bruciati dalle SS anche in questo caso.