"AD AUSCHWITZ C'ERA UN' ORCHESTRA"

Copertina del libro

Autore: Fania Fenelon

Prima pubblicazione: 1976

Genere: Storia d'Europa

Traduzione: Paolo Pacca

Editore: Vallecchi

Collana: Caratteri del '900

I terribili traumi riportati nei campi di concentramento durano ancora oggi, l'incredulità e l'indifferenza di chi non ha conosciuto i lager si evidenziano in una totale mancanza di interesse per la tragica esperienza della donna. Ciò ha condotto molte deportate ad un graduale isolamento e ad un dannoso ripiegamentosu se stesse. Diverse patologie s'impadroniscono e turbano ancora oggi il loro stato fisico e psichico.

Ad esempio, un'anziana deportata ebrea è tormentata da musiche e suoni che aveva udito nel lager e che improvvisamente le rimbombano nelle orecchie, come se ancora oggi si trovasse rinchiusa ad Auschwitz. Di altre sappiamo che trascorrono periodi più o meno lunghi in ospedali e luoghi di soggiorno climatico, per forme di tubercolosi, gravi disturbi cardiaci, forme acute di insufficienze respiratorie e arteriosclerosi precoce che degenera in stati depressivi e di rifiuto della vita. Per alcune donne non è mai cessata la sofferenza indicibile di essere state violentate; quindi doppiamente annullate, nella dignità e nella libertà. 

Ciò che ha accomunato tutte le donne, fossero esse deportate politiche, ebree o zingare, era il sentimento di solidarietà verso le loro compagne di sventura, tra le quali non esisteva discriminazione per differenze di religione, tradizioni, lingue, costumi, educazione. Questa stessa solidarietà ha permesso a molte di loro di fare ritorno nelle proprie case. Tutte vissero tragicamente la perdita dell'identità individuale; traumatico fu denudarsi tra le brutalità degli aguzzini, vedersi un numero tatuato sul braccio, vedersi rasate a zero. Non erano più donne, non erano più individui. È rilevante constatare che in loro non c'è assolutamente odio, ma solo volontà e speranza che certe esperienze non debbano più ripetersi.

Quando Fania Fenelon fu deportata ad Auschwitz era il Gennaio del '44 e poichè sapeva cantare e suonare il pianoforte, entrò a far parte dell' orchestra del lager, l'unica orchestra femminile mai esistita in tutti i campi di concentramento della Germania e dei territori occupati.

Voluta da Hoss, maggiore delle SS, l'orchestra, composta da prigioniere, aveva il compito di accompagnare le detenute al lavoro, "accogliere" ogni nuovo arrivo di deportati, e suonare per gli ufficiali SS ogni qualvolta lo richiedessero.

Erano in 47 le signore dell'orchestra provenienti da ogni parte del mondo, ficcate in uno spazio ristretto, una vecchia baracca fortunatamente leggermente riscaldata, vicino alla ferrovia nel punto in cui arrivavano i convogli di deportati. Le orchestrali erano costrette a prove estenuanti, fino a più di diciassette ore al giorno per potere suonare dignitosamente, perchè solo così sarebbero state risparmiate alla selezione per la camera a gas. Durante tutto il tempo della sua detenzione, Fania lotta duramente per sopravvivere senza mai perdere la propria bontà a differenza di quasi tutte le sue compagne, pronte a tutto per migliorare con cose materiali la loro prigionia.  Fra tutti gli incontri che Fania fa nel campo, il più singolare è quello con Alma Rosè, eccezionale violinista ebrea, nipote di Gustav Mahler e direttrice dell'orchestra. Il rapporto che nasce tra le due musiciste mette in luce il loro diverso modo di vivere il lager e la necessità di fare musica. Per Fania, infatti, suonare è un mezzo per sopravvivere e sopravvivere è testimoniare. Anche in condizioni estreme Fania riesce a mantenere intatta la propria umanità: sa di suonare e cantare una musica "che è la cosa migliore ad Auschwitz-Birkenau in quanto procura oblio e divora il tempo, ma è anche la peggiore perchè ha un pubblico di assassini". Per Alma la musica è un fine, il fine su cui ha costruito la propria identità di tutta una vita e nulla per lei è più importante di fare bene quel lavoro e realizzare musiche sublimi. Disinteressandosi degli effetti delle proprie azioni costringe tutte a prove lunghissime per poter suonare in modo impeccabile, non mostra compassione o bontà e spesso maltratta le donne che suonano per lei. Alma morirà prima di tornare in libertà.

Fania e le sue compagne erano fortunatamente protette da una SS, Maria Mandel che più volte le salverà dalle camere a gas, proprio per questo molte deportate le odiavano, oltre al fatto che le vedevano con abiti migliori, avevano più cibo di loro e non erano costrette ai lavori forzati. Con l'avvicinarsi degli Alleati tutte le detenute vengono poi allontanate da Auschwitz e costrette a costruire un nuovo campo (Bergen Belsen), più

lontano e meno trovabile. Proprio qua molte donne sopravvissute fino ad allora perderanno la vita a causa delle condizioni peggiori, del minor cibo e dei lavori ancora più estenuanti. Nell'aprile 1945 i tedeschi lasciarono il campo che pochi giorni dopo fu accidentalmente trovato dagli inglesi. Molte musiciste erano sopravvissute e vennero liberate, alcune hanno collaborato alla realizzazione del libro, opera con la quale Fania ha realizzato il suo scopo: "sopravvivere e ricordare per far sapere al mondo".

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