IL MASSACRO ARMENO

Una delle pagine più oscure, ed al tempo stesso meno divulgate, della storia del XIX secolo è quella del genocidio perpetrato dall'Impero Ottomano prima e dai Giovani Turchi poi, ai danni delle popolazioni armene stanziate da sempre sul territorio che comprendeva la parte nord-orientale dell'attuale Turchia e sulle terre a nord dell'Impero Persiano su fino alle cime del Caucaso. Ed infatti la storia ci racconta di una nazione eternamente contesa e frazionata tra molti grandi imperi, Persiano, Ottomano, Russo e continuamente devastata ed angariata da frotte di invasori quali i Turchi Selgucidi od i Mongoli.

GLI ARMENI DALL'ANTICHITÀ AL XVIII SECOLO

Le radici di questo popolo affondano già nel primo millennio a. C. quando, nel VII secolo gli armeni giunsero dalla Frisia, anche se la loro presenza nella regione anatolica è testimoniata da documenti storici già verso il 3000 a. C. Qui si fusero con la popolazione hurrita discendente degli antichi regni. Questa zona, però, era di fondamentale importanza per il controllo delle vie di comunicazione tra Oriente ed Occidente ed il suo possesso fu a lungo conteso dalle maggiori potenze militari dell'epoca. Gli armeni videro perciò passare sulle loro terre persiani, greci, romani ed arabi ma, anche grazie alla rivalità esistenti tra le varie potenze, riuscirono a sopravvivere ad ognuna di esse ed a raggiungere in alcuni momenti della sua storia, la piena indipendenza.

Tra il IV ed il VI secolo il popolo armeno definisce le caratteristiche che lo identificheranno in futuro abbracciando come religione di stato il cristianesimo (primi al mondo nell'anno 301) nella loro particolare visione monofisita e fissando come propria lingua l'armeno.

Queste particolarità contribuiranno al mantenimento della propria autonomia culturale e politica, sopratutto nei riguardi dell'occidente e della Chiesa Romana, ma, al tempo stesso isoleranno l'intera nazione dai paesi confinanti arabi di fede musulmana. Nell'undicesimo secolo l'invasione dei Turchi Selgucidi mette in ginocchio il paese e costringe parte della popolazione alla fuga in Cilicia; seguiranno però tre secoli di relativa pace, rotta, all'inizio del XVI secolo, dall'invasione ottomana che occupa la parte occidentale dell'Armenia mentre quella orientale resta sotto il dominio persiano. L'Impero Ottomano non attua una politica marcatamente repressiva nei confronti delle minoranze interne ma impone comunque, su tutto il suo territorio, la Sharia, la legge coranica, quale unica fonte di diritto, ed il popolo armeno, in quanto cristiano, dovette subire pesanti discriminazioni.

L'INIZIO DEL GENOCIDIO

Fino al XVIII secolo la condizione armena non segna sostanziali modifiche ma l'avvio del declino della potenza ottomana e la nascita del sentimento nazionale armeno, contemporaneamente alla conquista dell'indipendenza del popolo greco, aprono possibilità fino ad allora sconosciute. La contemporanea sollevazione dei popoli caucasici a reclamare la propria indipendenza e l'annessione da parte dell'Impero Russo dell'Armenia Orientale, concorrono a spezzare gli equilibri esistenti. Inoltre anche le maggiori potenze europee, ansiose di accrescere i propri interessi nell'area, premono sull'Impero pretendendo delle riforme interne che la Sublime Porta si vede costretta a prendere in considerazione. In questo clima effervescente l'azione armena si esplica su due fronti: il primo a Costantinopoli, dove il Patriarcato Armeno solleva la questione del riconoscimento della specificità armena, il secondo in Armenia dove nascono i primi partiti rivoluzionari armeni clandestini. Il Sultano Abdul Hamid II, preoccupato dall'attivismo armeno ed anche dallo sviluppo economico che questo popolo sta vivendo, decide di mettere alla prova le titubanti potenze straniere punendo la popolazione armena con l'esecuzione di alcuni pogrom durante i quali vengono uccisi 200.000 (300.000 secondo altre fonti) Armeni nel periodo compreso tra il 1895 ed il 1997. Tutto questo avviene sotto gli occhi delle potenze europee che, come spesso faranno anche in futuro, non riescono a prendere alcuna iniziativa in difesa delle popolazioni angariate. La reazione armena consiste nell'intraprendere la guerriglia e nella creazione della Federazione Rivoluzionaria Armena, detta anche Dachnak, con basi nella vicina Armenia Russa e fortemente sostenuta dalle popolazioni locali.

Nel 1890 nell'Impero Ottomano si contavano circa 2 milioni di Armeni, in maggioranza cristiani-ortodossi. Gli Armeni erano sostenuti dalla Russia nella loro lotta per l'indipendenza, poichè la Russia aspirava ad indebolire l'Impero ottomano per annetterne dei territori ed eventualmente appropriarsi di Costantinopoli. Per reprimere il movimento autonomista armeno, il Governo ottomano incoraggiòfra i curdi, con i quali condivideva il territorio nell'Armenia storica, sentimenti di odio anti-armeno. L'oppressione che dovettero subire dai curdi e l'aumento delle tasse imposto dal governo turco esasperò gli Armeni fino alla rivolta, alla quale l'esercito ottomano, affiancato da milizie irregolari curde, rispose assassinando migliaia di armeni e bruciandone i villaggi (1894). Due anni dopo, probabilmente per ottenere visibilità internazionale, alcuni rivoluzionari Armeni occuparono la banca ottomana a Istanbul. La reazione fu un pogrom anti-armeno da parte di turchi islamici in cui persero la vita 50.000 Armeni. Il grado di coinvolgimento del governo ottomano nel pogrom è oggetto di discussione.

IL SECONDO GENOCIDIO

Nel periodo precedente la prima guerra mondiale, all'impero ottomano era succeduto il governo dei "Giovani Turchi". Costoro temevano che gli Armeni potessero allearsi coi russi, di cui erano nemici. Il 1909 registrò un eccidio di almeno 30.000 persone nella regione della Cilicia. Successivamente, nel 1915, alcuni battaglioni armeni dell'esercito russo cominciarono a reclutare fra le loro fila armeni che in precedenza avevano militato nell'esercito ottomano. Intanto l'esercito francese finanziava e armava a sua volta gli armeni, incitandoli alla rivolta contro il nascente potere repubblicano. Nella notte tra il 23 e il 24 aprile 1915 vennero eseguiti i primi arresti tra l'Elite armena di Costantinopoli. L'operazione proseguì l'indomani e nei giorni seguenti. In un mese più di mille intellettuali armeni, tra cui giornalisti, scrittori, poeti e perfino delegati al Parlamento furono deportati verso l'interno dell'Anatolia e massacrati per strada. Arresti e deportazioni furono compiute in massima parte dai "Giovani Turchi". Nelle marce della morte, che coinvolsero 1.200.000 persone, centinaia di migliaia morirono di fame, malattia o sfinimento. Altre centinaia di migliaia furono massacrate dalla milizia curda e dall'esercito turco.

Malgrado le controversie storico-politiche, un ampio ventaglio di analisti concorda nel qualificare questo accadimento come il primo genocidio moderno e, soprattutto, molte fonti occidentali enfatizzano l'aspetto di "scientifica" programmazione delle uccisioni.

I GIOVANI TURCHI

Una nuova speranza, presto disillusa, nasce quando anche il potere imperiale giunge al collasso e prende sempre più forza il movimento rivoluzionario dei Giovani Turchi, caratterizzati da un forte nazionalismo turco. Essi sembrano intenzionati ad abbattere il sistema imperiale per poi creare una federazione di tutti i popoli precedentemente inclusi nell'Impero. Ovviamente le concezioni di nazionalismo turco e di una federazione ottomana sono decisamente antitetiche e questo porterà a considerare l'elemento armeno come un pericolo interno da combattere ed annientare. Già nel 1909 avvengono i primi massacri: in Cilicia 30.000 Armeni vengono uccisi dalle forze del loro partito Ittihad ve Terakki (Unione e Progresso). L'unione tra indipendenza nazionale e purezza razziale furono la premessa per la conquista dell'allora provincia russa dell'Azerbaigian. Tra essa e la Turchia vi erano però proprio in mezzo le terre armene. Questa nuova campagna di conquista fornisce ai Giovani Turchi la giustificazione per l'eliminazione del "pericolo armeno".

La maggior parte degli storici tende a considerare le motivazioni addotte dai Giovani Turchi come propaganda e a sottolinearne il progetto politico mirante alla creazione in Anatolia di uno Stato turco etnicamente omogeneo. Altri studiosi, sostenendo l'inesistenza di un progetto di genocidio, richiamano l'attenzione sul fatto che non tutti i numerosi armeni d'Istanbul furono coinvolti nel massacro e che non fu approntato un piano sistematico di eliminazione paragonabile a quello messo in pratica dai nazisti contro gli ebrei durante la Seconda guerra mondiale. Il governo turco continua ancora oggi a rifiutare di riconoscere il genocidio ai danni degli Armeni ed è questa una delle cause di tensione tra Unione Europea e Turchia.

Una legge francese punisce con il carcere la negazione del genocidio armeno, mentre la magistratura turca punisce con l'arresto e la reclusione fino a tre anni il nominare in pubblico l'esistenza del genocidio degli Armeni in quanto gesto anti-patriottico. In tale denuncia, comunque ritirata, è incappato lo scrittore turco Orhan Pamuk, a seguito di un'intervista ad un giornale svizzero in cui accennava al fenomeno. Il governo turco attuale sta favorendo l'apertura al riconoscimento di questa pagina di storia, ma i socialdemocratici del Partito Repubblicano e i nazionalisti si oppongono tenacemente. Va ricordato che l'apparente coerenza di tesi da parte della storiografia turca contro l'esistenza del genocidio è dovuta in buona parte al clima di repressione che si respira nel Paese. Ad esempio, lo storico turco Taner Akçam, il primo a parlare apertamente di genocidio, viene arrestato nel 1976 e condannato a dieci anni di reclusione per i suoi scritti; l'anno successivo riesce a fuggire e a rifugiarsi in Germania; oggi lavora negli Stati Uniti, presso lo Strassler Family Center for Holocaust and Genocide Studies della Clark University, dopo essere stato Visiting Associate Professor of History alla University of Minnesota.

IL PRESIDENTE AMERICANO CHIAMA IL PREMIER TURCO GUL: ACCELERARE LA RATIFICA DEGLI ACCORDI CON L'ARMENIA.

La commissione Esteri della Camera dei Rappresentanti ha votato una mozione non vincolante che chiede a Obama di definire esplicitamente "genocidio" il massacro di cristiani armeni compiuto nel 1915 ad opera delle forze ottomane. Un risultato di misura: 23 favorevoli, 22 contrari. Una questione storicamente sensibilissima per Ankara, che rifiuta il bilancio di oltre 1,5 milioni di morti (le vittime per i turchi sarebbero state 300 mila) e la definizione di "genocidio" rivendicata da storici e dalle autorità armene. Il segretario di Stato Hillary Clinton è intervenuto direttamente, con un appello ai deputati affinchè non votino la risoluzione, sostenendo che potrebbe mettere a rischio la faticosa opera di normalizzazione dei rapporti tra Turchia e Armenia. Con lo stesso obiettivo, Barack Obama ha telefonato al premier turco Abdullah Gul sollecitandolo ad accelerare le procedure di ratificazione degli accordi con l'Armenia raggiunti lo scorso ottobre. La Turchia ha minacciato ripercussioni diplomatiche e ha subito richiamato l'ambasciatore turco a Washington. Nel 2007 Ankara prese questo provvedimento quando il Congresso approvò un emendamento simile. "Ma non bisogna dimenticare che oggi la situazione è diversa", dicono fonti del governo turco alla Reuters. "Siamo nel pieno del processo di normalizzazione dei rapporti con l'Armenia, dunque la posta in palio è molto alta". La questione della definizione del massacro armeno era emersa già in occasione della visita del presidente Usa in Turchia. Obama evitò di sollevare polemiche citando la questione in modo marginale.

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