IL GENOCIDIO IN EX JUGOSLAVIA

“Non è stato il fracasso dei cannoni a uccidere la Iugoslavia. È stato il silenzio. Il silenzio sul linguaggio della violenza prima che sulla violenza. Il silenzio sulle teorie razziste prima che sulle pulizie etniche. Il silenzio sulle violazioni dei diritti umani prima che sui massacri.”

Il massacro di Srebrenica consistite nel massacro di migliaia di musulmani bosniaci nel luglio 1995 da parte delle forze Bosniache sotto il comando di Naser Oric, alle quali era stato permesso di tenere le armi in posizioni all'interno della zona protetta, contrariamente alle condizioni stabilite nel patto col quale si conveniva il "cessate il fuoco".

Oric approfittò della situazione per condurre attacchi notturni contro villaggi serbi nei dintorni. Il caso più clamoroso fu quello di Kravica, attaccato nella notte del 7 gennaio, il Natale Ortodosso. Nell'ex-Jugoslavia e in Kosovo, sono stati commessi veri e propri eccidi in nome di quella che è stata definita "pulizia etnica": l'annientamento di un popolo da parte di un altro popolo che vive sullo stesso territorio o in un territorio vicino.

Dopo neanche cinquant'anni dalla seconda guerra mondiale, quindi, l'Europa ha conosciuto di nuovo le barbarie del genocidio. Parecchi tra i responsabili di queste stragi, spesso compiute su popolazioni inermi sono state arrestati, altri sono ancora ricercati. I processi sono stati celebrati dal Tribunale penale internazionale dell'Aja, istituito presso le Nazioni Unite. Il primo condannato è stato il generale Radislav Krstic. Riconosciuto colpevole di aver organizzato il massacro della popolazione di Srebrenica, in Bosnia nel 1995, è stato condannato a quarantasei anni di carcere. Anche l'ex presidente serbo Milosevic è stato accusato di crimini contro l'umanità, arrestato e processato dall'Aja: fin dall'inizio del processo, tuttavia, Milosevic ha respinto ogni accusa.

Questo genocidio è considerato uno dei più sanguinosi stermini di massa avvenuti in Europa dai tempi della seconda guerra mondiale: secondo fonti ufficiali, le vittime del massacro furono 8.372, sebbene alcune associazioni per gli scomparsi e le famiglie delle vittime affermino che furono oltre 10.000. Al momento, grazie al test del DNA, sono state identificate solo 6.414 vittime, mentre migliaia di altre salme esumate dalle fosse comuni attendono ancora di essere identificate. Durante i fatti di Srebrenica, i 600 caschi blu dell'ONU e le tre compagnie olandesi non intervennero: motivi e circostanze non sono ancora stati del tutto chiariti. La posizione ufficiale è che le truppe ONU fossero scarsamente armate e non potessero far fronte da sole alle forze di Mladic. Si sostiene, inoltre, che le vie di comunicazione tra Srebrenica, Sarajevo e Zagabria non fossero ottimali, causando ritardi e intoppi nelle decisioni.

Solo due F-16 olandesi procedettero ad un attacco aereo, praticamente senza alcun effetto. Un gruppo di aerei americani, apparentemente, non fu in grado di trovare la strada. Nel frattempo l'enclave era già caduta e l'attacco aereo fu cancellato per ordine dell'ONU, su richiesta del ministro Voorhoeve, perchè i militari serbi minacciavano di massacrare i caschi blu dell'ONU di Dutchbat. Gran parte della popolazione ed i soldati olandesi erano già fuggiti e si erano rifugiati nella base militare dell'ONU di Potocari. Davanti alla minaccia ed allo spiegamento di forze di Mladic, i caschi blu decisero di collaborare alla separazione di uomini e donne per poter tenere la situazione sotto controllo, per quanto fosse possibile nelle circostanze.

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