"JONA CHE VISSE NELLA BALENA"
Regista: Roberto Faenza
Pubblicazione: 1 aprile 1993
Tratto dal romanzo autobiografico dello scrittore Jona Oberski (Amsterdam, 20 marzo 1938), dal titolo "Anni d'infanzia. Un bambino nei lager", è un noto film italiano che riporta un'importante testimonianza sul tema scottante dell'Olocausto.
Il protagonista del film, è un bambino di soli tre anni che vive ad Amsterdam e vede lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
Ben presto, i Tedeschi riescono ad occupare la città, e Jona viene deportato insieme ai genitori in un campo di lavoro forzato dove, fortunatamente, riesce a stare vicino alla sua famiglia. Dopo una breve permanenza in questo primo campo, il bambino e la sua famiglia, che credevano di essere trasferiti in Palestina, vengono di nuovo prelevati e portati in un secondo lager, quello di Bergen-Belsen, in Germania. Sottoposti a intere giornate di lavoro, i deportati sono costretti ad affrontare fame e sofferenze, e anche il piccolo Jona, nonostante la tenera età, si trova ad affrontare questa difficile situazione. Fortunatamente, il bimbo incontra una persona che lo aiuterà ad alleviare le dure condizioni in cui sono costretti a vivere; egli, infatti, permette ai bambini di ripulire i pentolini da cui i soldati tedeschi sono soliti mangiare. Qualcuno lo scopre, e il cuoco viene ucciso. Il suo corpo viene ritrovato da Jona, quando, per una prova di coraggio, è costretto da un gruppo di bambini a trascorrere del tempo all'interno dell'obitorio del campo.
La vicinanza con i genitori viene sempre meno e, in particolare, con il padre, che Jona potrà vedere solo in due occasioni: durante un incontro furtivo dei genitori (permesso da un medico corrotto con una scatola di sigari), e al momento della sua morte.
Durante la permanenza nel lager, il bambino conosce Simona, una ragazzina di 12 anni, figlia di amici di famiglia, con cui instaurerà una forte amicizia.
Jona, con la madre e Simona, deve subire un nuovo trasferimento, ma durante il viaggio, il convoglio su cui viaggiavano viene bombardato dai Russi, e questo provoca il distacco di alcuni vagoni. I Tedeschi cercano invano aiuto, e gli Ebrei che viaggiavano su quelle carrozze, vengono raggiunti dall'esercito sovietico, portati in un villaggio russo, e liberati. Nonostante la libertà riacquistata, la madre cede alla pazzia e, a causa delle sofferenze subite durante la deportazione, muore. Anche Simona, che decide di tornare a casa, abbandona il piccolo Jona, che subisce così un forte trauma, tanto che smette di parlare e di mangiare.
Tornato ad Amsterdam, il bambino viene adottato da una coppia di anziani, suoi vicini di casa, che lo trattano come un figlio. Con il passare del tempo, Jona riacquista lentamente la serenità e la voglia di vivere.
Una volta adulto, Jona diventa uno scienziato, specializzato in medicina e psichiatria, esercitandone la professione ad Amsterdam.