BIOGRAFIA

Vaco noto anche con l'appellativo di "Blasco" nasce il 7 febbraio 1952 a Zocca, una tranquilla località sull'Appennino a metà tra Modena e Bologna, il più famoso e celebrato rocker italiano deve il suo nome al padre Giovanni Carlo, camionista, che, desideroso di onorare un compagno detenuto con lui in Germania, chiamò il figlio con lo stesso nome. La madre di Vasco, Novella, si è sempre occupata della casa, mentre il babbo girava l'Italia in lungo e in largo con il suo camion. Come ha cantato in una sua celebre canzone ("Voglio una vita spericolata"), Vasco non è mai stato una persona facile, adattabile alle convenzioni esterne o capace di seguire degli schemi. Ribelle e con una gran voglia di esprimere la sua vena creativa, nel 1972, in piena contestazione studentesca, comincia a interessarsi di teatro sperimentale ma, convinto di dover proseguire gli studi a tutti i costi, si iscrive alla Facoltà di Pedagogia dell'Università di Bologna. Ben presto, però, si rende conto che tra questa facoltà e la sua propensione per la musica c'è una bella differenza (nel dicembre del 1965, fra l'altro, aveva vinto il concorso canoro "Usignolo d'oro" con la canzone "Come nelle fiabe"), ed è una differenza che può segnare il suo grado di felicità.

Decide quindi di lasciare per seguire il suo istinto, tuffandosi così in un'altra esperienza che si rivelerà fondamentale per la sua carriera artistica: quella delle "radio libere".


La radio libera!

Nel 1975, infatti, assieme ad un gruppo di amici fonda una radio libera che lo qualifica, fin da subito, come apprezzato dee-jay in Emilia Romagna, in parte del Veneto e della Lombardia. Dentro di sé, però, sogna di fare il cantautore, tanto che nel segreto della sua stanza compone testi e canzoni, le stesse che poi diventeranno patrimonio comune di un'intera generazione. Timidamente, dunque, comincia a farsi conoscere anche con proprie produzioni, dando libero sfogo a tutto il materiale che teneva celato in un cassetto.

Il primo disco!

Finalmente, nel giugno 1977 la Jeans pubblica il suo primo 45 giri, "Jenny e Silvia" mentre, l'anno dopo, ecco comparire il primo album, intitolato "Ma che cosa vuoi che sia una canzone", passato purtroppo quasi inosservato (il disco è però prodotto in sole 20 mila copie e distribuito nella sola Emilia). Anche il secondo 33 giri, "Non siamo mica gli americani", trova una certa difficoltà ad affermarsi nonostante contenga una "perla" come "Albachiara", una tra le più belle canzoni d'amore degli ultimi anni. Lentamente, però, il pubblico comincia ad abituarsi allo stile di Vasco e a capire il valore delle sue canzoni. È proprio la mitica "Albachiara", nel corso del 1979, che gli regala l'ebrezza della ribalta, quando la presenta allo storico "Bussoladomani" di Viareggio. Seguiranno "Colpa d'Alfredo" (1980) e una serie di tour con la "Steve Rogers Band" per tutta la Penisola.

Gli eccessi!

Intanto, grazie alla nuova notorietà acquisita e ad uno stile di vita non proprio irreprensibile, fioccano le prime critiche, non tanto alla sua musica, ma a come si comporta fuori dalla sala di incisione. L'indice è puntato sui suoi eccessi con l'alcol, con la droga, sul suo comportamento scapestrato e chi più ne ha più ne metta. Vasco non può che rispondere con la sua arte, l'unica arma che ha a disposizione. Eccolo allora pronto a tornare a confrontarsi con il mercato con il quarto album, "Siamo solo noi", un'espressione che a dir poco è diventata un inno. L'anno dopo partecipa al suo primo Festival di Sanremo con "Vado al massimo" (1982), pezzo che dà il titolo al suo quinto album. La kermesse del Festival sanremese lo vede protagonista di nuovo nel 1983 quando Rossi esegue "Vita spericolata", un altro pezzo emblematico della sua carriera e di quello che Vasco rappresenterà anche a livello di immaginario collettivo. E la vita spericolata di Vasco non si limita solo ai brani di una canzone, se dobbiamo dare retta ai due incidenti automobilistici da cui esce miracolosamente illeso. Chiunque tirerebbe un sospiro di sollievo e si metterebbe a meditare ma lui no, lui realizza "Va bene, va bene così", un amaro e disilluso canto all'amore, una canzone che è anche una struggente capacità di testimoniare la rassegnazione emotiva nei confronti di una donna amata.

home page